sabato, maggio 19, 2007

One day at UCLA




ORE 10.00. E’ l’ora del break. Qui al corso di intensive english ognuno esce dalle aule freezer per riequilibrare la propria temperatura corporea. L’aria frizzante di L.A. ti riempie i polmoni, ricordando come a breve tornerai allo smog cittadino. Con il mio roommate bolognese ci dirigiamo verso l’internet point per le ultime news dall’Italia. Mentre ci organizziamo per la serata con gli amici californiani, arriva Vittorio affannato e ci sventola un foglietto sotto il naso. Lo guardiamo senza capire, finché non ci spiega che in palestra si sta allenando Baron Davis, a cui ha appena strappato una combo: autografo+foto. Con uno sguardo d’intesa ci precipitiamo verso il Wooden Center e passando accanto all’orso (Bruin) simbolo del college, notiamo l’assenza della nostra euforia nei passanti. Siamo alla Ucla e qui Baron è di casa. Entriamo nella Gym e lui e lì, come uno qualunque a fare due tiri (con una media impressionante, tra l’altro). Ci avviciniamo speranzosi allungandogli un quaderno che la star di Auckland firma distrattamente, mentre parla al cellulare. Ci guarda sorridente e mette fine ai nostri sogni d‘esser con lui immortalati: “No pictures, I’m working”. Senza replicare, allora ci allontaniamo, soddisfattissimi comunque.

ORE 16.00. Le lezioni sono terminate, usciamo di nuovo tutti, disordinatamente, ognuno con i propri pensieri in testa, io con la preziosa reliquia al sicuro in tasca. Insieme alle italianissime compagne di corso ci ritroviamo davanti alla Ballroom come sempre, indecisi sul programma pomeridiano e sulle possibilità che la città ci offre. Tirando a sorte si opta per visitare Downtown, il centro metropolitano, dove sorge maestosa la casa dei Lakers-Clippers. Così, zaino in spalla, torniamo verso i dormitori, passando accanto al Pauley Pavillion, che è il palazzetto dove gioca la squadra universitaria di basket. Mentre ognuno si prepara ecco che il compagno di stanza di Vittorio, l’ennesimo abitante del Belpaese come noi di stanza alla Ucla, ci ferma ponendoci un quesito: chi è l’uomo che oggi ha fotografato tra il Sunset e l’Hollywood boulevard, solo perché bersaglio di altrettanti flash? Guardo l’immagine digitale e pieno d’invidia lo riguardo dicendogli: Magic Johnson!!! L’attimo di stanchezza è passato, siamo pronti a correre di nuovo, ovunque. Facciamo per alzarci, lui ci blocca: “I’m sorry, era più di quattro ore fa”. Con la delusione dipinta in viso avvertiamo gli altri guys della mancata occasione, cercando esageratamente di farcene una ragione.

ORE 20.00. Arriviamo in serata di fronte alla mecca del derby losangelino, il secondo tempio cestistico per eccellenza dopo il Madison Square Garden di NY. Solo in quel momento, però, di fronte alla magnificenza molto neoarchitettonica che ci sovrasta, ci rendiamo conto che è domenica e lo Staples Center è chiuso. Demoralizzati dalla sfortuna ci rimane solo una riflessione spontanea: come sia facile qui negli USA incontrare una stella dello sport, se non proprio di persona almeno nella sua immagine bronzea. Accanto allo Staples, infatti, l’ex #34 gialloviola, il grande Magic, c’è ogni giorno di ogni settimana dell’anno.
SimOne

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