lunedì, maggio 28, 2007

MUSICA: "Eat me, drink me''


Direttamente dal blog del Menin, in arte BBS:
www.circosceno.blogspot.com

ecco la recensione dell'ultimo album dei Marlyn Manson, intitolato ''Eat me, drink me''.

Come avviene per ogni nuova uscita, Manson cambia e muta in qualcosa di diverso. Da Anticristo a rockstar androgina, da messia gotico a dandy postindustriale, Manson ha saputo sempre reinventarsi, a volte con risultati discutibili (chi ha detto The golden age of grotesque?), a volte con risultati eccelsi.
L' ultima trasformazione è la più dolorosa, Manson è diventato Brian Warner, mettendo in musica un anno trascorso all' inferno. ''Ad un certo punto dell’anno scorso mi sentivo immerso nel più profondo buco nero della depressione”, riferisce, “non potevo fare nulla, non riuscivo a far niente, ero senza speranza”. In quel periodo alla madre di Manson era stata diagnosticata una malattia mentale, e lui era “Intrappolato in uno dei cliché del rock’n’roll, circondato da persone che lavorano per me e che mi derubavano alle spalle. Non avevo interesse nella musica e il film sul quale avevo messo tutto il mio impegno – Phantasmagoria, basato sulla distorta vita di Lewis Carroll – era diventato un pesante fardello psicologico''.
Fino ad ora sono riuscito ad ascoltare quattro songs:
''If I was your vampire''- Lenta ed oppressiva ballata di sei minuti. L' arrangiamento è volutamente ridotto al minimo, basso,batteria,chitarre e un impercettibile tappeto di tastiere.
Manson, e questa è la vera novità, non urla il suo dolore, ma lo canta, centrando appieno l' obiettivo, far emozionare l' ascoltatore.
Per chi non l' avesse ancora ascoltata, la canzone ricorda Coma Black, contenuta in Holy Wood(In the shadow of the valley of death).
''Heart shaped glasses'' - Melodica, molto melodica e vagamente 80's con chitarre new wave, ed un chorus maledettamente catchy.
''Evidence'' - Rumori e poche note di piano elettrico ci introducono verso un potenziale classico di manson, caratterizzato da un ottima sezione ritmica, e da un lacerante assolo di chitarra.
Anche qui, come nelle altre canzoni ascoltate finora, il cantato di Manson è intenso, e non aggressivo.
''Mutilation is the most sincere form of flattery'' - Uno dei pochi momenti aggressivi dell' album, canzone a metà strada tra Dope Hat(dal primo album, portrait of an american family)
e The Dope Show(il ritornello). Anche qui un assolo di chitarra di Tim Skold impreziosisce la song.

Non avendo ancora ascoltato il cd per intero, si può solo dire che sicuramente ci sono le premesse per un ottimo lavoro.
simulescion3

giovedì, maggio 24, 2007

CINEMA: Il documentario di massa


“La nuova frontiera dell’entertainment"
Da millenni l’uomo cerca di rapportarsi con l’ambiente che lo circonda e che lo ha generato, scrutandolo ed osservandolo da ogni angolo e punto di vista, non sempre per il bene della comune esistenza. Uno degli strumenti utilizzati per l’analisi e la comprensione della natura è stata la ripresa della stessa, che ha permesso alle persone di conoscere le variazioni sul tema e approfondire la propria curiosità in maniera costruttiva e spesso coinvolgente. Il cinema come arte di vita si è avvicinato a tale campo di studio con un genere particolare, il Documentarismo, che negli ultimi anni ha seguito un filone innovativo, frequentemente rivolto ad un target stratificato e con una fruizione di ambito maggiore, dato l’alto tasso di specialisti che lavorano dietro le quinte per realizzarli e i nuovi trovati in fatto di tecnologie. Anni di ricerche, esperimenti e sviluppo ha portato l’umana conoscenza a poter fronteggiare la crescente richiesta del mostrare ad utilizzare il documentario come vero e proprio mezzo d’infotainment, informazione più intrattenimento. Questo ha aperto una reazione a catena, la voglia di conoscere la natura in tutti i suoi molteplici “singolari” aspetti ha reso necessario un lavoro intensivo su questo tipo di audiovisivo che permettesse allo spettatore d’immedesimarsi e vivere l’evento filmico come reale, più del reale. In questo senso si è passati dal più semplice Microcosmos, dei registi-scienziati francesi Nurisdany e Pèrennou (1996), quasi un documento che un documentario, il quale esplora e contempla vita e morte di quegli esseri minuscoli, gli insetti, con una visione poetica, oltre che informativa o divulgativa, fino al recente Profondo Blu, la storia naturale degli oceani raccontata attraverso le immagini incantevoli dei suoi abitanti e della loro vita sottomarina e girato da Alastair Fothergill e Andy Byatt. La ricerca di una forma per narrare le gesta di un mondo naturale che ci appartiene, ma di cui spesso non siamo a conoscenza ha portato i migliori documentaristi a confrontarsi con ogni specie animale, simbolo e definizione dell’ambiente che possiamo trovare a qualunque latitudine terrestre. Esempio l’ampante di questo esplorare è Il popolo migratore, docufilm del 2001 che, per la regia di Jacques Perrin, racconta la più spettacolare delle avventure, attraverso un mondo celeste dominato da correnti d'aria sulle quali venire trasportati, seguendo il mutare delle stagioni per scoprire il nostro pianeta come non l'abbiamo mai immaginato, né visto prima. Solitamente un prodotto destinato al grande schermo vuole avere respiro epico, perciò le grandi coproduzioni internazionali (maggiormente USA, Francia e Italia) si mettono alla prova realizzando opere che suscitino forti emozioni e che diventino anche dei successi al botteghino. L’ultimo realizzato, presentato nel nostro paese con il commento di Fiorello, è l’ultima fatica di Luc Jacquet, che con la sua equipe di cineasti ha impiegato diversi anni per realizzare La marcia dei Pinguini. Nell'oceano, il pinguino imperatore assomiglia più ad un delfino che ad un uccello. Sulla terraferma, trasformatosi in camminatore maldestro, l'uccello si trova ormai alla mercé del minimo ostacolo e cammina d'inverno attraverso centinaia di chilometri alla ricerca di cibo e per la sopravvivenza della propria specie. Il film racconta quest'epopea, che rappresenta un atto d’amore nei confronti dell’uomo verso tale mondo animale, che all’inizio dei tempi ci è appartenuto. Ciò che negli ultimi anni ha evidenziato meglio questo rapporto natura-ambiente-uomo è la rappresentazione di un universo che ha preso possesso delle nostre fantasie e di cui la platea ne pretende, per niente sazia, maggiori cognizioni, sin dall’inizio del creato. Sintesi estrema di questo volere è stata l’uscita nelle sale di Genesis (2004), un documentario girato dagli autori di Microcosmos, Claude Nuridsany e Marie Pérennou, che mescolando humour e serietà, innocenza e saggezza, ha utilizzato il linguaggio evocativo del mito e delle favole per raccontare la nascita dell'Universo e delle stelle, l'inizio infuocato del nostro pianeta e l'apparizione della vita sulla terra, un ambiente che, nonostante sia lacerato dal suo interno, risplende ogni notte per ciascuna delle sue creature. Il documentario divenuto film incarna proprio questa convinzione, rende l’osservazione della natura una storia vera, il racconto senza tempo dove potersi distrarre per ammirare le sue meraviglie e che approfitta del nostra sete di conoscenza per creare un legame emotivo tra l’uomo e tutto ciò con cui egli convive.
SimOne

sabato, maggio 19, 2007

One day at UCLA




ORE 10.00. E’ l’ora del break. Qui al corso di intensive english ognuno esce dalle aule freezer per riequilibrare la propria temperatura corporea. L’aria frizzante di L.A. ti riempie i polmoni, ricordando come a breve tornerai allo smog cittadino. Con il mio roommate bolognese ci dirigiamo verso l’internet point per le ultime news dall’Italia. Mentre ci organizziamo per la serata con gli amici californiani, arriva Vittorio affannato e ci sventola un foglietto sotto il naso. Lo guardiamo senza capire, finché non ci spiega che in palestra si sta allenando Baron Davis, a cui ha appena strappato una combo: autografo+foto. Con uno sguardo d’intesa ci precipitiamo verso il Wooden Center e passando accanto all’orso (Bruin) simbolo del college, notiamo l’assenza della nostra euforia nei passanti. Siamo alla Ucla e qui Baron è di casa. Entriamo nella Gym e lui e lì, come uno qualunque a fare due tiri (con una media impressionante, tra l’altro). Ci avviciniamo speranzosi allungandogli un quaderno che la star di Auckland firma distrattamente, mentre parla al cellulare. Ci guarda sorridente e mette fine ai nostri sogni d‘esser con lui immortalati: “No pictures, I’m working”. Senza replicare, allora ci allontaniamo, soddisfattissimi comunque.

ORE 16.00. Le lezioni sono terminate, usciamo di nuovo tutti, disordinatamente, ognuno con i propri pensieri in testa, io con la preziosa reliquia al sicuro in tasca. Insieme alle italianissime compagne di corso ci ritroviamo davanti alla Ballroom come sempre, indecisi sul programma pomeridiano e sulle possibilità che la città ci offre. Tirando a sorte si opta per visitare Downtown, il centro metropolitano, dove sorge maestosa la casa dei Lakers-Clippers. Così, zaino in spalla, torniamo verso i dormitori, passando accanto al Pauley Pavillion, che è il palazzetto dove gioca la squadra universitaria di basket. Mentre ognuno si prepara ecco che il compagno di stanza di Vittorio, l’ennesimo abitante del Belpaese come noi di stanza alla Ucla, ci ferma ponendoci un quesito: chi è l’uomo che oggi ha fotografato tra il Sunset e l’Hollywood boulevard, solo perché bersaglio di altrettanti flash? Guardo l’immagine digitale e pieno d’invidia lo riguardo dicendogli: Magic Johnson!!! L’attimo di stanchezza è passato, siamo pronti a correre di nuovo, ovunque. Facciamo per alzarci, lui ci blocca: “I’m sorry, era più di quattro ore fa”. Con la delusione dipinta in viso avvertiamo gli altri guys della mancata occasione, cercando esageratamente di farcene una ragione.

ORE 20.00. Arriviamo in serata di fronte alla mecca del derby losangelino, il secondo tempio cestistico per eccellenza dopo il Madison Square Garden di NY. Solo in quel momento, però, di fronte alla magnificenza molto neoarchitettonica che ci sovrasta, ci rendiamo conto che è domenica e lo Staples Center è chiuso. Demoralizzati dalla sfortuna ci rimane solo una riflessione spontanea: come sia facile qui negli USA incontrare una stella dello sport, se non proprio di persona almeno nella sua immagine bronzea. Accanto allo Staples, infatti, l’ex #34 gialloviola, il grande Magic, c’è ogni giorno di ogni settimana dell’anno.
SimOne

martedì, maggio 15, 2007

BASKET NBA: Dirk euroMVP



Fonte: da www.gazzetta.it


NEW YORK, 15 Maggio 2007 - Era solo questione di tempo, prima o poi il premio di Most Valuable Player della Nba doveva andare a un giocatore europeo. Forse però sarebbe stato meglio un contesto diverso per la prima volta sul gradino più alto del podio delle onorificenze individuali per un cestista del Vecchio Continente. Dirk Nowitzki, infatti, trionfa grazie a una regular season davvero spettacolare (24.6 punti, 8.9 rimbalzi, 3.4 assist di media e un eccellente 50% al tiro) e soprattutto per la squadra della quale è il leader, i Mavericks, capace di vincere ben 67 gare durante la stagione. Peccato però che adesso quei numeri davvero eccellenti non se li vuole ricordare proprio nessuno. Potere della clamorosa debacle subita nel primo turno contro i Warriors, magistralmente preparati alla sfida con la squadra texana dall’ex coach di Dallas Don Nelson. Proprio Nowitzki, negli Stati Uniti è considerato il principale responsabile, a torto o a ragione, dello scivolone della compagine testa di serie numero uno nella Western Conference, per cui in molti vedono troppo ombre e poche luci dietro al premio individuale più prestigioso della stagione. Ma se lo si analizza con un certo distacco il successo di Dirk Nowitzki è ineccepibile. "Ci sono due premi, quello di Mvp della regular season e quello di Mvp delle finali Nba – prova a razionalizzare il tecnico dei Mavericks Avery Johnson – non ci sono dubbi che Dirk abbia meritato il primo. La sua stagione regolare è stata assolutamente straordinaria". Bisogna poi considerare un’equazione che piace molti agli americani, quella che vuole premiare con l’Mvp il miglior giocatore della miglior squadra della Nba, e anche su questo punto la scelta di Nowitzki lascia pochi dubbi. Certo che vedere il primo giocatore europeo conquistare un premio che diventa poi così discusso non è il massimo per la pallacanestro del Vecchio Continente. Il tedesco dovrà convivere, nella prossima stagione, con le critiche che inevitabilmente gli pioveranno addosso al primo momento difficile e forse anche con la poco invidiabile etichetta dell’Mvp meno convincente delle ultime stagioni. "Non posso che essere molto orgoglioso di questo onore – dice il tedesco – però il ricordo della serie con Golden State è ancora fresco e mi fa molto male. Tra 20 anni sicuramente riguardando il libro dei record della Nba sarò felicissimo del successo ma adesso la ferita per lo scivolone nella postseason è ancora aperta". Un premio davvero agrodolce per Dirk Nowitzki il quale peraltro oltre a essere un Mvp sul parquet lo è anche fuori dal campo. Se i Mavs non avessero incrociato i Warriors al primo turno della postseason, probabilmente l’umore a Dallas oggi durante l’annuncio del primo Mvp nella storia della franchigia, sarebbe completamente diverso.
simulescion3

martedì, maggio 08, 2007

Nuovo album per i BonJovi




"Lost Highway", il nuovo album esce il prossimo 19 giugno

Il nuovo album dei Bon Jovi uscirà il prossimo 19 Giugno. Il primo singolo estratto dal nuovo lavoro sarà "(You want to) make a memory", nelle radio già da oggi 20 marzo. L'album successivo al multi-platino Have a nice day sarà quindi "Lost Highway", prodotto da Dann Huff (Keith Urban, Rascal Flatts) e John Shanks (già produttore di Have a nice day ma anche di Sheryl Crow, Melissa Etheridge, Chris Isaak), e in uscita dunque a giugno sotto l'etichetta della Island Records/Mercury Nashville. I Bon Jovi suoneranno dal vivo il primo singolo al 6th Annual CMT Awards (il prossimo 16 aprile a Nashville); su Fox American Idol (19 giugno) e alla NBC's Today Show Outdoor Plaza (sempre il 19 giugno). Anticipazioni del nuovo album in realtà sono già state date in pasto al pubblico grazie al film Wild Hogs, dove è inclusa "Lost Highway" e la theme-song per la stagione di football sulla ESPN "We Got It Goin'on".

simulescion3