Per onorare il grande Martin, in occasione della sua ennesima candidatura alla notte degli Oscar, ecco pescare dal nostro archivio la recensione del suo penultimo film. Sperando che The Departed abbia maggiore (e meritata) fortuna.....................................................................................................................
(Ascesa e caduta del magnate Howard Hughes)
La sequenza iniziale coincide con il primo piano di chiusura, l'immagine di un uomo-bambino nel riflesso della sua esistenza. Un'esistenza vera e difficilmente immaginabile. Perchè è da piccolo che quel distinto signore degli anni quaranta, tale Howard Hughes, sviluppa la sua mentale ossessione per l'igiene, una psicosi che condizionerà la sua vita comunque svavillante. Proprio su questo punto Martin Scorsese costruisce la sua ultima fatica, un'opera cinematografica importante fortemente voluta dal produttore-interprete Leonardo Di Caprio, che racconta gli anni ruggenti di questo magnate del petrolio, regista, playboy e aviatore allo stesso tempo. Il film segue da vicino la megalomania del ricchissimo Hughes, uomo capace di spendere 4 mil.di dollari per girare il suo capolavoro, Gli angeli dell'inferno, ma anche persona dalle mille donne, che ha amato l'ingegneria aeronautica a tal punto da realizzare la sua ambizione, progettare-costruire-e-pilotare l'Hercules, il più grande aereo di allora, diventando il padrone dei cieli. Il tutto destinato a rappresentare la sconfitta dell'utopia e la concretizzazione dell'universale sogno americano, a scapito di dicerie, processi, rischi di bancarotta e una costante fobia che alla fine prenderà il soppravvento sulla razionalità dello stesso Hughes. Di Caprio incarna ancora una volta alla perfezione il corpo e il volto di una persona dalla grande personalità e inventiva, vera e propria icona del capitalismo occidentale, divisa fra il suo impero volante (la compagnia aerea TWA) e i progetti di matrimonio con le dive hollywoodiane più chic dell'epoca, tra le quali Katharine Hepburn (un'ottima Cate Blanchett), Jean Harlow e Ava Gardner. La pellicola di Scorsese, della durata di 178 minuti, manca però di identificazione con lo spettatore e, come già successo per Gangs of New York, a tratti ha la pretesa di sostituire l'enfasi visiva con la linearità del racconto. La pecca del voler raccontare tutto e tutto concentrato insieme, dall'introspezione mentale del personaggio, fino al tentativo di raccontarci la gestione delle relazioni sentimentali, provoca spaesamento in chi assiste alla proiezione e rappresenta ciò che separa il lavoro di Scorsese dall'essere un capolavoro riconosciuto a quello che invece risulta, il solito ottimo film. Discorso Oscar a parte, dove speriamo nel meritato riconoscimento alla carriera del grande Martin, The Aviator è un film godibile dall'inizio alla fine, recitato impeccabilmente e diretto altrettanto, nonostante certe pretese cui sfoggia nell'impostazione narrativa e che, alla lunga, suscitano più perplessità che emozioni. Bisogna aggiungere infine, ciò che la pellicola vuole raccontare. Il tema che scorre nel "sottosuolo" della storia è l'inesauribile rincorsa dell'uomo al futuro, un'ossessione che nei secoli ci è sempre appartenuta e che, come si evidenzia nel protagonista del film, rappresenta il tentativo di far coincidere due momenti storici separati, di possedere il tempo nel pugno della propria mano e poi scoprire che tanta insensatezza conduce solo alla follia. Una follia che ha portato l'aviatore Howard Hughes dalla gloria alla propria alienazione.
SimOne
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