lunedì, gennaio 29, 2007

La musica per ogni occasione


Immaginate di avere sempre l'opportunità di circondare la vostra esistenza, composta da innumerevoli occasioni, di musica adatta.
Non male vero?
Non so voi ma il sottoscritto "rosica" sempre ogni qualvolta al cinema nota che il protagonista , qualsiasi sia il suo stato d'animo, ha sempre la musichetta d'accompagnamento sotto...sempre maledettamente azzeccata.
Ovviamente non è quello a cui possiamo aspirare noi, ma le molteplici opportunità che la tecnologia odierna e il qualunquismo musicale spinto di oggi offrono possono sopperire a questa mancanza.
La cosa migliore che possiamo fare per noi stessi e per chi ci sta intorno è scegliere bene.
Ecco dunque una lista di "dritte" musicali per le occasioni classiche:

1- Cena romantica a casa con il partner: dunque, scordiamoci decisamente George Michael e Careless Whisper per cortesia; metterla su al giorno d'oggi è na cafonata terribile. Meglio della musica soft, da camera, che si presta ad un ascolto distratto e permette dolci conversazioni e languidi sguardi.
2- Cena Aromantica a casa con il "partner": qui il convivio è visto decisamente come un preliminare del vostro vero scopo, sia che siate donne che siate uomini, quindi è perfettamente inutile permeare l'ambiente con uno pseudoromanticismo da film con Meg Ryan, molto meglio mettere sotto della musica che dia la carica e faccia perdere ogni velleità di dolcezza alla serata. Preferenza per il Rock anni 70.
3- Wake up dopo una nottata brava e con l'autobus per andare al lavoro che già strombazza in fondo alla strada; 2 alternative: a)se eterosessuali, colonna sonora di Rocky; b) se omosessuali, tutta la funky black whatever you call it anni 80, con preferenza per Maniac di Michael Sembello.
4- House party all'americana (magari): si opta quasi sempre per i grandi classici non ballabili finchè c'è poca gente e magari, da bravi italianetti, una qual certa renitenza a conoscersi...poi si va in crescendo con la musica Dance contemporanea- preferenza House- per poi divertirsi, una volta ubriachi fradici, con la Revival 70 e 80. Finale con lenti per i pomicioni ed Happy Days col bicchierino della staffa.
5- La musica in macchina: per uno che abita a Roma lo stereo in macchina assume significato ESSENZIALE. Anche in questo caso però si è costretti a differenziare i diversi momenti abitudinari. Traffico mostruoso sul lungotevere di Sabato sera: mettetevi "er core in pace" e alzate un pelino il volume della discografia di Tom Waits e Louis Armstrong con intermezzi comici delle colonne sonore di Benny Hill ed Ace Ventura per evitare il suicidio ormai prossimo.
Strada completamente spianata e nessun orario per l'appuntamento: Bruce Springsteen docet e Creedence Clearwater Revival non vi faranno sentire nessuno di quei tanti chilometri (perchè sicuramente vi trovate in autostrada, a Roma non è MAI vuota la strada) che state facendo.
Classica serata da NON SO DOVE STO ANDANDO MA SO CHE CI STO ANDANDO, unico consiglio: assecondate il vostro umore e agite sullo stereo di conseguenza.

Scion

domenica, gennaio 21, 2007

L'evoluzione della musica


Il giovane che ascolta un determinato tipo di musica, finisce per acquisire un certo modo di essere, di vestirsi, di parlare, frequentare certe persone piuttosto che altre. La musica come valore fondamentale nelle scelte e nella vita della persona. Ogni cultura possiede un linguaggio musicale proprio e specifico, fatto di organizzazione di suoni, ritmi, armonie, sonorità, strumenti, forme e questi, a loro volta, riflettono modi di pensiero, ideologie, credenze, usanze, caratteristiche ambientali ecc. La musica, dunque, segue l’evoluzione della società, dei suoi gruppi nel suo continuo e dinamico trasformarsi, spesso assumendo caratteri negativi, altre volte positivi, ma resta comunque un'immancabile compagna di vita che cambia colore, corpo e anima al mutare di noi stessi. Ecco in anteprima online la foto di una pagina del sito che sta per essere lanciato nel progetto di Milano e Roma, si chiama EUROTHEORY.COM e sarà online in versione completa dal 1 gennaio 2007. "E' un (nuovo) portale musicale europeo che diffonderà la musica di gruppi ESCLUSIVAMENTE europei", come ci dice l'ideatore Andrea Nardini, "che nel mare magnum del web non riescono ad emergere per l'atroce concorrenza della musica americana all'interno dei siti musicali". Grazie a quest'innovazione multimediale, si potranno uploadare profili di gruppi e case discografiche, foto, mp3, video, consultare classifiche e scoprire tanti tanti gruppi finora sconosciuti, quegli innumerevoli talenti emergenti che hanno semplicemente voglia di farsi ascoltare e perchè no anche apprezzare.
Uno spazio dedicato a chi di musica vive!
simulescion3

lunedì, gennaio 15, 2007

CINEMA ORIENTALE: Il Wuxia-pian


Per analizzare la nuova ondata del cinema asiatico dobbiamo considerare una curiosità.
Da sempre ammiratore di tale genere cinematografico, prima di iniziare le riprese di Kill Bill, Quentin Tarantino ha consegnato al suo direttore della fotografia una lista di titoli da visionare, ossia quasi tutti i film wuxia prodotti dalla famosa Shaw Brothers. Un elenco di b-movies made in Hong Kong sulla scia degli spaghetti-western e delle faide di guerrieri e samurai giapponesi. Ma qual è il significato preciso di questo nome? Il wuxiapian è un film di combattimenti cavallereschi, definito talvolta film di cappa e spada, i cui protagonisti sono dei cavalieri erranti. Questo è uno dei generi più forti di Hong Kong, il cui marchio di fabbrica sono le fastose scenografie ricreate proprio all'interno degli studi Shaw, un firmamento che parla mandarino e che esalta l’ideale nostalgico della patria perduta e sviluppa l'idea mitica della Cina. Il periodo di maggior popolarità è il decennio che va da metà degli anni sessanta alla metà degli anni settanta. Come ne “La Tigre e il Dragone” di Ang Lee, i film wuxia-pian si compongono di dialoghi poetici, di combattimenti mozzafiato bilanciati con l’analisi emotiva dei personaggi, dove da una parte sta l’azione-estetica, dall’altra, la profondità-psicologica. L’armoniosa coreografia dei duelli fatti di voli acrobatici e leggerezza sinfonica rispecchiano la ricerca di libertà dei personaggi, volare diventa sinonimo dello “sfuggire alla realtà”. Uno degli ultimi esempi del genere è Hero, di Zhang Yimou, che ha rilanciato l’eroismo romantico orientale sul grande schermo. Hero è un wuxia assolutamente astratto, infatti nonostante la storia sia violenta, il sangue e la brutalità ne sono come banditi, tanto che due combattimenti sono mentali, solo immaginati, come in quelle storie di samurai dove uno scambio di sguardi tra due guerrieri, serviva per decidere l’esito del combattimento. Risulta, così, una continua sfida alla fisica e alla gravità, dove i colpi dei personaggi sono in grado di deviare centinaia di frecce, dove il tempo si ferma e tutto si decide sul terreno di un distesa d'acqua. Tuttavia, il wuxiapian, pur essendo tipicamente cinese, raccoglie al suo interno influenze maggiori provenienti da tutto il mondo: è un luogo di fantasia spesso indifferente alla verosimiglianza storica, dove però permane il concetto di eroe che contamina anche generi estranei, come i moderni gangster movie. Il sottobosco cinematografico da cui nasce la leggenda dei wuxiapian è ricco e brulicante: vi si muove, in primis, tutto il cinema degli albori cinese, che dagli iniziali vagiti già raccontava storie di cavalieri erranti dotati di magici poteri. Un'importante influenza viene dal cinema giapponese di samurai, che all'epoca riscuoteva enorme successo presso il pubblico. In questi film tanto i buoni, quanto i cattivi dispongono di poteri quasi magici e i loro corpi possono sfidare la gravità in salti spettacolari, contro ogni legge della fisica. Qui si trova una basilare differenza tra il film di kung fu ed il wuxiapian: mentre gli eroi del primo imparano con difficoltà le arti marziali che serviranno loro ad ottenere vendetta (un allenamento volto al perfezionamento del corpo e della mente), la maggior parte dei cavalieri erranti sono già in possesso di incredibili poteri e spesso di ancor più fantasiose armi. Uno dei registi cardine del movimento wuxia è stato Zhang Che. Scopritore di talenti, Zhang non si limita ai soli attori che, sotto la sua regia, diventano star: il suo assistente alla regia più celebre è John Woo. Se Zhang rappresenta il lato macho ed ultraviolento dei wuxiapian (lato che Woo continuerà ad esplorare nei suoi film , che sono stati a più riprese descritti come film di cavalieri che brandiscono pistole anziché spade), il suo collega King Hu sviluppa invece una poetica intimista di grande bellezza formale. Questi due autori, così diversi, hanno dato lustro all'epoca d'oro dei wuxiapian, e ne hanno vissuto parimenti il declino, spingendo all'estremo le loro ossessioni oniriche e allegoriche. Rimane il fatto che il wuxiapian è stato e resta un prodotto di nicchia, che spesso, dopo l’exploit iniziale, tende a stancare il pubblico, quindi ad autoesaurirsi facilmente. Ovvio che nessuno se lo auguri, perché le opere sono dei veri e propri manifesti d’amore verso il cinema. E’ importante, però, sottolineare come questo resti un genere dalla difficile digeribilità, specie al momento della sua esportazione nei più smaliziati paesi occidentali.
SimOne

mercoledì, gennaio 10, 2007

BASKET NBA: Effetto Andrea Bargnani



Raptor #7 in action vs Carter

da www.gazzetta.it

TORONTO (Can), 7 gennaio 2007 - Domenica prima e durante l’incontro Toronto-Washington si è festeggiato all’Air Canada Centre l’Italia Day in onore di Andrea Bargnani e Maurizio Gherardini. La Camera di Commercio italiana di Toronto ha organizzato un brunch prima della partita per dare il benvenuto ufficiale all’azzurro con l’atleta romano ospite d’eccezione insieme al vice presidente dei Raptors. Un’occasione unica per i tifosi italo-canadesi per incontrare il giocatore che in soli due mesi d’attività nella Nba è già diventato un punto fermo della squadra canadese. “Penso che non solo avrete la possibilità di ammirare Andrea come giocatore ma anche come personaggio positivo - ha detto Gherardini -. Vogliamo che voi possiate essere fieri delle esperienze di Andrea in campo e del mio lavoro dietro la scrivania. Vi siamo riconoscenti per il sostegno e ci auguriamo che il tifo italiano aumenti nel corso della stagione, da parte nostra vogliamo contraccambiare facendo sì che Andrea diventi motivo d’orgoglio per la comunità. Attualmente siamo la franchigia Nba maggiormente riconosciuta all’estero forse perché abbiamo raccolto così tanti giocatori internazionali e per la grande attenzione mediatica derivata dalla selezione di Andrea al draft. Stiamo lavorando duro per riportare Toronto in una situazione vincente più in fretta possibile e per farlo abbiamo bisogno di giocatori speciali e di un gm speciale come Bryan Colangelo. L’obiettivo è di conquistare il rispetto a livello mondiale e ci riusciremo di sicuro".
Ed ecco finalmente, accolto da un caloroso applauso, Andrea Bargnani scortato dall’organizzazione Raptors. Il Mago esordisce in inglese: “Sono molto felice di essere tra di voi anche se ho poco tempo perché mi attendono per il riscaldamento pre-partita.”, mentre un fan lo incita a parlare in italiano. Bargnani si è prestato a firmare più autografi possibili prima di essere richiamato dallo staff dei Raptors. I circa 150 partecipanti al brunch hanno avuto la possibilità con il biglietto acquistato di assistere alla gara contro i Wizards prima della quale è stata consegnata ai primi diecimila tifosi giunti all’ACC una statuetta da collezione raffigurante Andrea Bargnani (a essere sinceri poco rassomigliante come ha ammesso lo stesso Bargnani). Una parte del ricavato del brunch andrà alla fondazione italiana in favore degli anziani Villa Charities, alla quale Bargnani ha contribuito personalmente con una donazione di 10.000 dollari.

simulescion3

martedì, gennaio 02, 2007

CINEMA: Lord of war


Il signore della guerra è colui che ne decide le sorti vendendo il mezzo più semplice al miglior offerente: le armi. Perché la vera arma di distruzione di massa non è rappresentata da un ordigno nucleare, ma da una tonnellata di mitragliette Uzi convogliate illegalmente nei paesi in guerra e date in mano ai bambini-soldati. Questo è l’assunto di base del nuovo film di Andrew Niccol, uno dei pochi autori hollywoodiani che giocano col sistema, si pongono sulla soglia del circuito mainstream, raccontando le loro storie. Spesso crude, ironiche e pervase da un alone di ambigua moralità. Lord of war ne è solo l’ultimo (dirompente) esempio, un’opera che l’autore di The Truman Show, S1mone e Gattaca, ha trasformato in un inno al cinismo, dove non è mai stato tanto vergognoso schierarsi dalla parte del cosiddetto antieroe. Un uomo, Yuri Orlov, che fa del suo lavoro di mercante d’armi una professione di vita, un mestiere che richiederà il suo sangue e che lo lascerà solo e pieno di rimorsi, dopo vent’anni in lungo e in largo tra i peggiori olocausti silenziosi che la storia recente ricordi: dall’Africa Centrale ai Balcani. Un impeccabile Nicolas Cage da il volto al protagonista, riuscendo nella machiavellica impresa di rendere credibile tanto la difficoltà di comunicare con la propria famiglia (dal fratello Jared Leto, alla splendida moglie Bridget Moynahan), quanto la lucida tranquillità dell’inganno che i suoi occhi hanno mentito di fronte all’ennesima perquisizione dell’agente di polizia (Ethan Hawke), messosi sulle sue tracce. L’ossatura della pellicola è quella del gangster movie, si narra la perdizione morale di un antieroe raccontata dal suo punto di vista. Tra Sierra Leone e Ucraina, Orlov aumenta il suo impero dai primi anni ottanta fino ai giorni nostri, una quotidianità in cui i proiettili assumono il valore di una merce di scambio, come se l’uomo fosse tornato all’era del baratto. In questo caso, però, è solo la vita ciò che rimane sul piatto della bilancia. Il film tratta argomenti scomodi e spinosi e non lesina sul mercenarismo del mondo politico, né difende l’istituzione degli Stati Uniti, troppo spesso complici anche di ciò che di brutto c’è al mondo. Le affermazioni finali, colte dallo sguardo triste e disilluso di Orlov, afferma come sulla terra una persona su dodici possegga un arma e come gente come lui si prodighi per armare le restanti undici. La terza fatica registica di Niccol coincide con un attacco globale a tutte quelle nazioni, membri permanenti dell’Onu, che fanno del commercio delle armi un conscio business di sangue, stando poi a guardare senza intervenire i piccoli conflitti locali, specie nei paesi sottosviluppati dove i pseudo-dittatori la fanno da padrone, arrichendosi sulla fame del popolo. Il film si macchia solo ogni tanto di prevedibilità, ma per gli occhi resta comunque uno spettacolo autocritico, un’opera solida e ben costruita che trova in se stessa l’energia per autoalimentare la denuncia che porta avanti, per raccontare una storia attualissima, coinvolgente e di grande spessore emotivo. La perdita della propria coscienza è solamente il primo passo sulla strada della perdizione, perché il (vil) denaro appiana ogni divergenza e soffoca ogni malumore, compreso il fastidioso ronzio dentro le orecchie che risponde al nome di omertà. In fondo, come direbbe Yuri, questa non è la nostra guerra. Ma allora con chi ci dovremmo schierare?
SimOne