mercoledì, agosto 30, 2006
CINEMA: La terra dei (registi) morti viventi
SimOne
domenica, agosto 27, 2006
Sense of humour.. parte 2°
La mano ti si muove da sola, e tutto ti appare così chiaro mentre lo scrivi, che sei portato a chiederti da quanto tempo quel pezzo di te abitasse gli antri più reconditi della tua mente..in attesa di uscire. Questo sito/blog, oltre a parlare dei 3 argomenti che sapete, si prefigge anche di dare udienza e visibilità a chi, secondo l'insindacabile giudizio della redazione, è meritante di cotanti privilegi (si fa per dire ovviamente). Alessandro Bagnati alias Johnny (nonfaniente.blogspot.com) non è soltanto un bravo e capace ragazzo, ma è anche, secondo il nostro giudizio, un interessantissimo scrittore di mini racconti, nei quali la sua vena pulp e la cadenza cinematografica sono così ben delineate da far si che la redazione ci si rispecchi perfettamente. AVVERTENZE: si prega di leggere il seguente racconto di un fiato e senza perdersi in pensieri se non quelli che vengono richiamati dal naturale svolgimento del racconto stesso, così ve lo gustate di più.
BUONA VISIONE!
PISTOLA
In vita mia ne ho baciate di bocche, di corpi sudati, caldi, percorsi da brividi come fossero sottoposti ad elettroshock. In realtà non sono una puttana, pur avendo sempre agito su costrizione del mio feroce padrone. Ora, con la mia bocca, sto sfiorando una guancia irta di peli di barba ruvidi al tatto, è la barba di un uomo al contempo spaventato e rassegnato, consapevolezza propria solo di chi sa che la sua morte è vicina e non può far nulla per ritardarne il momento. Nonostante ciò, quell'uomo sprigiona ancora energia, calore epidermico; me ne accorgo soprattutto ora che il mio corpo è ancora freddo come può essere un pezzo di metallo limato. E' buffo: ogni volta che mi piazzano i proiettili nello stomaco dovrei provare un certo solletico, ma ora niente; non riesco ad avere alcuna reazione. Prima, anni fa, ogni volta che sentivo esplodere dal mio ventre la pallottola che poi vomitavo alla velocità della luce sulla faccia di qualcuno, provavo una certa emozione: tra la reazione fisica del passaggio da freddo a infuocato e i complimenti che biascicava il capo mentre mi soffiava sulle labbra fumanti, credevo di aver compiuto un gesto nobile. Ora non è più così: non riesco a non rendermi conto di essere un arnese che reca dolore, apre ferite, causa morte. E da quando ho appreso il mio triste compito non posso più rallegrarmi. Dannato bruto: ogni volta che ti congratuli con me per esserti stata fedele per l'ennesima volta, il sussurro delle parole che escono dalle tue luride corde vocali, le stesse identiche parole di sempre che un tempo mi facevano sentire importante, fa ardere in me la voglia di essere gettata in un fiume. Bang. "Brava, Wessy!"Man mano che mi avvicino all'uomo seduto sulla sedia di legno alla quale sono saldamente legati mani e piedi il suo sguardo si fa sempre più dilatato, il respiro diventa più profondo e ritmato da violente inspirazioni ed espirazioni, che forse sono il riflesso incondizionato di chi vuole incamerare per l'ultima volta la preziosa risorsa chiamata aria. Stavolta non voglio che vada a finire come le altre. Devo oppormi, devo fermarlo, devo salvare questa vita umana. Devo, devo, devo. Ma non posso. Il copione è lo stesso. Bang. "Brava, Wessy."La mia vita è questa e non riuscirò a cambiarla.
Non fa niente.
simulescion3
sabato, agosto 26, 2006
Sense of humour..
Quando il cinema di tendenza incrocia l’intrattenimento non sempre i risultati sono ottimali. Subentra l’incanto della trasgressione e la seduzione tipica della sciatteria. Ecco che l’arte sublima in volgarità, il trash prende il sopravvento e chi si ritrova di fronte allo schermo non può far altro che rimirare tale orribil orpello audiovisivo. La zona che ruota attorno ai D-Movie (cinema spazzatura) è terra di nessuno, un tedioso angolo di nulla in cui ci si può imbattere, nella bella mostra dei supermercati che tra cianfrusaglie varie vendono questo scorcio di triste “realtà” all’esagerata cifra di 1 euro a confezione.
Noi ve ne raccontiamo uno stralcio, tratto da quell’immaginifico sito che è terrormetal.it, a cura del nostro insano amico Paolo…
Volete sapere come può un regista creare un film semplicemente rubando filmati riguardanti gli squali alla National Geographic? Allora dovete assolutamente vedere il miracoloso nonché miracolato: “Shark Attack 3…Emergenza Squali” (regia di David Worth).Una premessa è d’obbligo: nessuno qui vuole fare il purista del cinema e lungi da me voler ricercare una morale in ogni pellicola, ma qui si esagera. Partendo dal presupposto che dopo lo squalo di Spielberg, ogni tentativo di film riuscito con tale soggetto è quantomeno vano, il nostro non tenta nemmeno di conservare una qualsivoglia dignità.Certo, questo ne fa un capolavoro di demenza rendendolo quanto meno godibile ma alcuni dettagli vanno sottolineati per rendervi partecipi del disastro cinematografico.Primo: gli squali bianchi, e dio vi abbia in grazia per questo, non emettono suoni neanche se gli piazzi una bomba a campanacci nello stomaco. Cosa fa invece il nostro eroe? Non solo emette suoni, ma ne emette di orribili. Sembra un leone marino in andropausa con evidenti problemi intestinali.Secondo (e qui c’è del genio): perché considerando le infinite conoscenze hollywoodiane in materia di effetti speciali, per ingigantire uno squalo, si ricorre alla sovrapposizione di figure rimpicciolite sullo stesso? Inoltre un Megalodon (squalo preistorico di una ventina di metri) non è semplicemente uno squalo bianco ingrandito. Ci sarà qualche differenza o no? La risposta è tristemente si.Terzo e ultimo dettaglio (e qui il genio è manifesto): per quale motivo uno squalo, pur gigante, e vi assicuro che mentre scrivo non riesco a non pensare alla scena assurda, dovrebbe ingurgitare un panfilo di discrete dimensioni per intero? No, perché un motivo plausibile non c’è, e noi spettatori attoniti non possiamo far altro che prenderne atto. Insomma, capirete ben presto da dove sono venuti fuori questi squali preistorici e non è neanche necessario delineare un minimo di trama, essendo riassunta esaurientemente nei tre punti sopra citati. Il problema è questo: come potremo da oggi in poi affrontare la lunga traversata mediterranea che separa la Sardegna da Civitavecchia, senza essere dominati dalla sensazione che da un momento all’altro uno squalo gigante di rara stupidità inghiottirà il nostro traghetto senza masticarlo?
Le soluzioni sono due: o evitate di andare in Sardegna via mare…oppure, ipotesi ben più seducente, evitate di vedere questo film.
A voi la scelta.
simulescion3
giovedì, agosto 10, 2006
CINEMA: Il ruolo dei cartoons nell'era digitale
Evoluzione e cambiamento del cinema d’animazione
Dopo l’exploit del Re Leone nel 1994 il buio. L’industria del cinema d’animazione sembrava aver smarrito la vena creativa e nemmeno il colosso Disney sembrava esimersi da tale crollo verticale. Il cerchio della vita di Simba, giudicato un capolavoro assoluto, aveva allo stesso tempo rappresentato il culmine di una generazione di cartoons e il pensionamento dell’animazione 2-D. Il pubblico, non solo i più giovani, dopo decenni di film monotematici e di rappresentazioni all’eccesso di melassa, di fatto non ne poteva più, né riusciva a digerire l’immancabile favoletta natalizia, assolutamente vietata ai maggiori di 3 anni. Poi la luce. Dalla mente di quel genio che è John Lasseter nacque un progetto destinato a rivoluzionare l’animazione sul grande schermo. Lasseter, avvalendosi dell’allora sconosciuta Pixar Animations, realizzò per conto della Disney (in veste di casa di produzione) un film in cui la tecnologia digitale sopperiva alle mancanze della bidimensione. Era il 1996, anno in cui uscì nel mondo Toy Story. Le avventure del cowboy Woody e del ranger spaziale Buzz Lightyear hanno rappresentato immediatamente la novità, sia nell’immaginario collettivo di giovani e adulti, sia per il successo planetario che questo cartone animato ha ottenuto. Le grandi major, senza trascurare il valore quasi storico dei classici, individuarono nel prodotto digitale una nuova frontiera per gli incassi e cavalcarono la nuova ondata. Gli spettatori furono molto ricettivi e, pur senz’abbandonare i loro eroi dell’infanzia (chi può fare a meno di Paperino, di Crudelia Demon o del granchio Sebastian?), si spostarono gradualmente verso opere più coinvolgenti e meno drammatiche. Chi fino ad ora si è conteso la fetta di mercato, sono due dei maggiori studios d’animazione, l’immancabile Disney, portafoglio dei laboratori Pixar, e la Dreamworks del trio Geffen-Spielberg-Katzenberg, che negli ultimi anni si sono regolarmente dati appuntamento sul campo cinematografico di battaglia. Poi, eccezion fatta per lo strepitoso e letteralmente comico L’Era Glaciale, finanziato dalla 20th Century Fox, incassi ragguardevoli e grandi successi di critica e pubblico sono stati raggiunti da alcune tra le più belle pellicole d’animazione di sempre, Monster&Co. e Alla ricerca di Nemo. Il digitale ha fornito un nuovo modo di gestire i personaggi nel loro aspetto complessivo e nei loro movimenti, sostituendo le vecchie tavole a mano e addirittura la stop-motion, tecnica per cui si gira un cartone sequenza per sequenza. Esiste sempre lo storyboard, ma è divenuto solo il primo passaggio nell’elaborazione del software digitale. L’animazione del nuovo millennio ha però raggiunto definitivamente l’Olimpo nel 2001, quando l’irriverenza con le sembianze di un orco verde ha valicato i confini del politically correct dei cartoni animati, permettendosi di entrare in concorso a Cannes, uno dei più prestigiosi festival cinematografici, diventando il film-fenomeno di un’intera stagione. Shrek, grazie ai primi due capitoli di quella che sarà una trilogia, ha incarnato un’intera generazione di cartoons, divenendo il simbolo delle nuove esigenze. Esigenze, visive e sentimentali, che hanno reso un flop i pur meritevoli Koda fratello orso e Mucche alla riscossa, dando il via alla realizzazione di altri cartoni digitali, in cui storia, ambientazione e protagonisti sono il riflesso a fumetti del nostro modo di vivere o semplicemente della nostra famiglia (vedi Gli Incredibili). Il rubinetto di questa evoluzione ora è del tutto aperto, molti nuovi progetti sono in cantiere, a partire da Cars della Pixar, e presto arriveranno nelle nostre sale. Non più come cartoni animati ovviamente, ma come veri e propri film d’animazione, che potranno far concorrenza ad un Harry Potter qualunque.
SimOne
martedì, agosto 01, 2006
BASKET: Io e la palla a spicchi
The Wizard
Andrea Bargnani: uno dei talenti romani sfornati dal Pas Don Bosco, prima scelta NBA nel draft 2006 ------------>
Con il basket ho a che fare da ormai 10 anni, ne colgo le sfumature, il non-detto e il manifestato, e tutto ciò che passionalmente gli gravita attorno.
Mio padre avrebbe preferito che imparassi a giocare a calcio, ma io –come molte altre volte in futuro- decisi di fare di testa mia e , verso la fine delle scuole medie iniziò la mia fame di basket.
Il cielo volle che me la cavassi bene subito, senza sforzi eccessivi, fatto estremamente importante quando si parla del sottoscritto e della sua manifesta riottosità nei confronti di faccende che pretendono pazienza (mai fatto un puzzle)….e questo mi permise di innamorarmi della pallacanestro.
E ne sono ancora profondamente innamorato.
Ne ho bisogno in ogni sua manifestazione, dallo stridio delle scarpe sul pavimento, fino al rimbalzare della palla e al fetore di 10 persone che corrono da 2 ore su un campo al coperto, magari in estate…l’unico rumore di cui non sento necessità è quello che fa la palla quando finisce sul ferro, perché 9 volte su 10 significa che si è sbagliato un tiro.
Dopo la parentesi della scuola media ebbi la mia seconda folgorazione….IL PAS DON BOSCO.
Il Pas era ( è? ) un centro sportivo prettamente cestistico – i campi da calcio li vicino li odiavo – costituito da tre campi regolamentari esterni ed uno un po’ più piccolo interno; lì incominciai a fare veramente sul serio, impegnandomi con una concentrazione e dedizione che raramente ho avuto in tutta la mia vita….non vedevo che il canestro e adoravo tutto quel che comportava la mia scelta, dalle fatiche alle gioie – non parlo di vittorie perché all’epoca erano veramente poche-…tanto per fare un esempio: la preparazione atletica nel tunnel era una delle pratiche sadiche preferite da Emiliano Loffredo (n.a. by SimOne: “come non ricordarselo..”), non importava che tempo tirasse, quando vedevi il tunnel speravi finisse più in fretta possibile, era massacrante. Ma divertente.
Temprante, accattivante, stimolante, gratificante, tutto ciò era il Pas e la pallacanestro per me.. e lo è ancora.
Iniziai a giocare con Corrado Innocenti , che mi prediligeva spudoratamente, cosa che faceva infuriare non poco i miei compagni di squadra…mi ricordo che iniziai a montarmi la testa, e ci pensò Emiliano Loffredo a riportarmela al suo posto, e sotto di lui ho capito veramente la profonda derivazione etimologica della parola “ fatica”.
Grazie a questi due allenatori ho appreso le conoscenze che ancora oggi, anche se ampliate e rifinite, mi consentono di divertirmi al massimo in quel che adoro fare e che forse faccio meglio: giocare a pallacanestro.
Desidero ringraziare ovviamente anche Roberto Castellano e il suo infaticabile ruolo di allevatore di giovani talenti. Un grazie anche a Marino Segnani per avermi costretto a ridurre il mio gioco essenzialmente nella difesa, per 3 anni, in modo che adesso apprezzo anche quella ( anche se non credo fosse quella la sua intenzione )…e grazie ai miei compagni del Magic, che mi hanno fatto sentire “dentro” la squadra per la prima volta in vita mia.
Ah, dimenticavo di dire che il Pas è il luogo dove ha iniziato Andrea Bargnani , prima scelta assoluta del draft NBA 2006 e ora giocatore dei Toronto Raptors. Onore al Pas, culla del Basket Montesacrino. Grazie.
Scion